martedì 13 maggio 2014

Prj01 - A.1

Si cullava in un inizio perpetuo, ogni mattina, apriva gli occhi, si guardava intorno, ascoltava qualche secondo di buzzer della sveglia, la spegneva e cercando di fare meno rumore possibile usciva dalla stanza. Nel locale adiacente erano già pronti i calzini di oggi, le mutande di oggi, i pantaloni di oggi, la canottiera di oggi, la camicia di oggi. Entrava in bagno, apriva il rubinetto dell'acqua, si insaponava la faccia, la risciacquava, la asciugava, completava il resto dell'igiene personale quotidiana con uno stillicidio di gesti eternamente somiglianti a sé stessi.
Colazione.
Auto.
Ufficio.
9 ore.
Auto.
Casa.
Ogni giorno della sua vita era composto da 12 ore di inizio, le 12 rimanenti dovevano bastare, tenute in considerazione le 8 di sonno necessarie per iniziare nuovamente. Certo, non si potevano scartare nemmeno le 2 ore da dedicare a cena e famiglia. Rimanevano 2 splendide ore di sviluppo del pedissequo incipit ricorsivo. Sempre troppe, sempre poche.
Per questo J. decise di non considerarle più. L'inizio, forte di una incontenibile protervia, lo aveva soggiogato. L'aveva abituato a confortarsi in una eterna progettualità senza scopo di lucro, uno stato d'ignavia incessante che, crogiolandolo nel sogno del da farsi, l'aveva di fatto relegato ad un perenne farò.
J. e il suo amico I.P. trascorrevano così le loro giornate di domande mai poste e di troppe risposte in essere per potere avere il tempo di archiviare e riordinare il pensiero, le azioni e, in una certa misura, la vita stessa.
Ben inteso, non c'era sofferenza in questa alchemica amicizia. I.P. svolgeva il suo compito predisponendo la tavola imbandita per il futuro ogni santa mattina e J., ogni giorno, sapeva di non avere il tempo necessario per lo slow food, sapeva di dovere posticipare al giorno in cui avrebbe potuto gustare ogni boccone lentamente, per assaporare completamente quella moltitudine divina di sapori, per dare la giusta importanza a quel Nirvana del gusto.